Parodontologia
Per l’odontoiatria accademica la parodontopatia è una malattia infettiva cronica dei tessuti di sostegno dei denti. Non sono i denti quindi ad essere malati, ma la gengiva e l’osso che vi sono intorno. Colpisce nella sua forma più comune gli adulti, anche se esistono varianti simili che colpiscono (anche in modo importante) giovani pazienti.
I tempi del trattamento di questa malattia secondo la medicina puramente accademica consistono:
1. igieme orale professionale
2. una valutazione prognostico-terapeutica radiologica e clinica
3. trattamento parodontale non chirurgico conscaling o levigatura radicolare manuale o con ultrasuoni e farmacoterapia topica o sistemica
4. cure parodontali chirurgia ossea, resettiva o rigenerativa e chirurgia dei tessuti molli, come la plastica parodontale o gli innesti.
La prognosi a lungo termine di questa malattia, che ha fattori di predisposizione individuali non eliminabili, dipende in larga misura dall’igiene orale domiciliare quotidiana, quindi dalla adesione ad un programma regolare di igiene professionale periodica.
Per l’odontoiatria olistica, che tende ad integrare la terapia parodontale accademica, un aspetto fondamentale da tenere presente e trattare adeguatamente è l’apparato gastroenterico in particolare fegato, intestino tenue e crasso.
Per questo particolare rilievo viene dato al trattamento della disbiosi intestinale, sempre presente nei pazienti parodontopatici, al PH della matrice e all'alimentazione. Questi aspetti devono essere parte integrante della terapia parodontale insieme al protocollo accademico. Mentre l’approccio odontoiatrico operativo attraverso la rimozione del tartaro ed il trattamento radicolare tende alla risoluzione del quadro sintomatico, il trattamento dell'intestino mira al riequilibrio della flora batterica (disbiosi/eubiosi) al fine di eliminare le concause che portano allo sviluppo del quadro clinico classico della parodontopatia (gengive sanguinanti e perdita di supporto osseo).
Secondo numerosi studi esiste una stretta correlazione tra parodontopatia e patologie sistemiche in cui intervengono alterazioni funzionali del sistema immunitario. Il sistema immunitario risiede soprettutto nella mucosa intestinale ma la medicina accademica non riesce ancora a collegare o accettare il rapporto diretto tra disfunzione intestinale e malattia parodontale, collegamento chiaramente noto in medicina cinese e in odontoiatria naturale. (Vedi casi clinici)
APPROFONDIMENTO
La malattia parodontale è ubiquitariamente diffusa nella popolazione mondiale. Secondo i dati pubblicati dalla Società Italiana di Parodontologia nel 2003, emerge che in Italia il 60-70% degli adulti sia affetto, secondo vari gradi, da malattia parodontale e che di questi il 10-14% abbia una forma di malattia grave ed avanzata. L’aumento dell’incidenza è drastico nell’intervallo di età compreso tra i 35 ed i 44 anni anche se nel 7-8% dei casi la malattia compare in età giovanile. Secondo le ultime evidenze scientifiche l’elevata concentrazione di batteri patogeni nelle lesioni parodontali provoca episodi di batteriemia ed immissione in circolo di tossine, collegabili all’inizio ed alla progressione di importanti patologie sistemiche.
I pazienti che soffrono di malattia parodontale, sviluppano alterazioni dei parametri infiammatori dell’intero organismo, riscontrabili anche a livello ematico tanto da far supporre che l’infiammazione localizzata a livello della gengiva possa estendersi all’intero organismo. Questi pazienti presentano, infatti, valori più elevati di granulociti neutrofili, di proteina c reattiva e altri parametri infiammatori. Avere un’infiammazione elevata costante, costituita anche da elevati parametri di proteina c reattiva, è da considerarsi un ottimo predittore per lo sviluppo della malattia aterosclerotica e dell’infarto miocardico.
Parodontite e malattie sistemiche
Come riferito da Haumschild M.S. et al. 2009, studi epidemiologici hanno indicato che oltre il 15% della popolazione dei paesi occidentali soffre di gravi forme di malattia parodontale. Per questo anche l’interesse scientifico tra salute orale e malattie sistemiche negli ultimi anni si è notevolmente accresciuto. Prove emergenti hanno dimostrato un forte legame tra gli effetti dell’infiammazione cronica della via orale e la salute generale. La relazione tra malattie sistemiche e parodontite è dovuta ai meccanismi infiammatori coinvolti tanto che la malattia parodontale è considerata un fattore di rischio per lo sviluppo di malattie sistemiche che, a loro volta, possono avere un grosso impatto sulla salute orale. Ci sono oltre 100 malattie sistemiche che hanno manifestazioni orali come ad es. malattie cardiovascolari, ictus, infezioni respiratorie, cancro al pancreas, diabete e problemi nutrizionali (Haumschild M.S. et al. 2009).
Diabete mellito:
esiste un legame bidirezionale fra diabete mellito e malattia parodontale con forte predisposizione del diabetico alla malattia parodontale e maggiore difficoltà del controllo metabolico glicemico da parte del diabetico, qualora essa non sia trattata. L’alterazione nei diabetici del controllo glicemico è causata dal passaggio continuo di tossine batteriche e di batteri nel sangue e da un eccessivo rilascio di mediatori infiammatori (Lamster I.B. et al. 2008; Dunning T. 2009; Williams R.C. et al 2008). L’American Diabetes Association ha riferito che vi è una connessione tra stato di salute orale e controllo glicemico e che le persone con diabete non controllato sono sottoposte ad un maggior rischio di infezioni con cicatrizzazione anomala delle ferite e maggior probabilità di sviluppare parodontite e malattie cardiovascolari.
Malattia arteriosclerotica:
esistono molteplici fattori di rischio per lo sviluppo della malattia arteriosclerotica (cardiopatia ischemica, arteriopatia periferica, e ictus ischemico). La base della patogenesi dell’aterosclerosi è la stessa della parodontite ed è stato dimostrato che l’entità e la consistenza dell’associazione tra malattia parodontale e malattia arteriosclerotica è più forte nello sviluppo di ictus ischemico (Joshipura K. et al.2009).
Malattie cardiovascolari:
e' stato dimostrato che i batteri parodontopatici sono fattori eziologici nello sviluppo delle malattie cardiovascolari. Un recente studio effettuato su tessuti sclerotizzati, rimossi chirurgicamente ed analizzati con le più moderne tecniche di analisi biomolecolari (real-time PCR), ha dimostrato la presenza di batteri quali: aggregatibacter actinomycetemcomitans, porphyromonas gingivalis, prevotella intermedia, prevotella nigrescens e tannerella forsitia. Tali batteri sono stati rilevati nelle placche ateromatose delle arterie coronariche del 90% dei soggetti con malattia parodontale conclamata. Il numero significativo di specie parodontopatiche rinvenute nei campioni di tessuto sclerotizzato dei pazienti con parodontite, suggerisce che la presenza di questi microrganismi nelle lesioni coronariche non è casuale, e che essi infatti contribuiscano allo sviluppo di malattie vascolari (Gaetti-Jardim E. Jr et al. 2009).
Parti pre termine e infertilità femminile:
i cambiamenti ormonali che avvengono durante la gravidanza hanno un effetto diretto sulla struttura del parodonto aumentando la permeabilità vascolare del tessuto gengivale con maggiore diffusione di batteri, interleuchine e LPS (Novak T. et al. 2009). Come dimostrano i risultati di alcuni studi, sono stati individuati nei soggetti affetti da malattia parodontale antigeni del porphyromonas gingivalis nei tessuti placentari, segno che la placenta può essere by-passata da questi microorganismi, e la parodontite è stata così inserita tra i fattori di rischio nei casi di parto pre-termine (Katz J. et al 2009). Inoltre recentemente in Australia è stato condotto uno studio che prova la correlazione tra infertilità femminile e batteri della malattia parodontale (R. Hart et al. 2011).
Disfunzione erettile:
un gruppo di ricercatori turchi ha scoperto che fra gli uomini che soffrono di parodontite i problemi di erezione sono più frequenti. Infatti, i soggetti affetti da questa patologia, hanno una probabilità di soffrire di disfunzione erettile 3,29 volte superiore rispetto a chi non ha problemi gengivali. (Fatih O.M. et al 2012).
C’è un’importante correlazione tra l'osteoporosi e la parodontite, malattia multifattoriale che porta alla distruzione delle strutture di sostegno e stabilità dei denti (come ad esempio l’osso alveolare, che porta nei casi più gravi alla perdita dei denti). L’anello di congiunzione tra queste due patologie è la vitamina D, ormone che gioca un ruolo fondamentale proprio nello sviluppo e nel mantenimento del tessuto osseo, oltre che per le funzioni del sistema immunitario e dell’apparato cardiovascolare. La sua carenza costituisce infatti un fattore di rischio per lo sviluppo dell’osteoporosi, con importanti ripercussioni anche sulle ossa mascellari che, demineralizzandosi, favoriscono appunto l’insorgenza e la progressione della parodontite.
Ricerche sulle variazioni nel gene che codifica il recettore cellulare della vitamina D (Vdr), hanno identificato il genotipo correlato (in caso di omozigosi ‘TT’) all'aumento del rischio di sviluppo di parodontite. In particolare i risultati dello studio hanno evidenziato una stretta correlazione tra l’alterazione di questo recettore (che si manifesta in omozigosi in circa il 20 per cento della popolazione) associato a bassi livelli sierici di vitamina D, e lo sviluppo della malattia parodontale.
Il recettore cellulare per la vitamina D alterato è meno efficiente del normnale e ciò favorisce una tendenza alla demineralizzazione delle ossa anche a livello di quelle mascellari. Lo studio sistematico da parte dell’odontoiatra del metabolismo della vitamina D consente spesso di effettuare una diagnosi parallela di rischio aumentato per l’osteoporosi anche con molti anni di anticipo. Infatti questi pazienti arrivano all’osservazione del dentista, per problemi legati alla malattia parodontale (gli studi epidemiologici indicano come oltre 10 milioni di italiani soffrano di questa patologia) o alla riabilitazione con impianti dentali osteointegrati, che spesso richiede anche interventi di incremento volumetrico dell’osso, molto prima del tempo in cui normalmente viene fatta la diagnosi di osteoporosi.
Questa importante scoperta ci permette di individuare la variante genetica con largo anticipo sull’insorgenza dell'osteoporosi e della parodontite ed invitare chi la possiede ad assumere vitamina D, curare la dieta e fare del moto, per mantenere sani ossa e denti.
Poter intervenire in questi soggetti precocemente sul metabolismo osseo con un’adeguata prevenzione, somministrando vitamina D attiva e altri integratori alimentari e consigliando modifiche alla dieta e agli stili di vita, diventa un’arma formidabile per evitare l’osteoporosi ed i suoi danni. L’individuazione di questa suscettibilità genetica in persone giovani può aprire la strada ad uno screening di massa con conseguente invio di questi soggetti ad uno specialista per una valutazione densitometrica (‘Moc’) precoce ed un adeguato follow-up. La prevenzione fatta così su larga scala porterebbe benefici importantissimi sia in termini di riduzione di costi economici a carico del SSN (pensiamo solo alle 90.000 fratture di femore all’anno), sia in termini di riduzione di costi biologici e di miglioramento di qualità della vita per i pazienti.